L’abate di Montecassino ha sempre svolto ruolo di capo spirituale del territorio assumendo quasi tutte le funzioni vescovili. Numerosi furono privilegi concessi dai papi agli abati, come quello di sedere al primo posto tra gli abati nelle riunioni dei vescovi e dei principi, o di esprimere per primo il proprio giudizio nelle assemblee di tutto l’ordine benedettino; il monastero da sempre è sottomesso alla sola autorità papale e a nessun’altra chiesa (“nullius alterius ecclesiae”).

Grande fu il prestigio della Casa di San Benedetto nei primi secoli del millennio scorso: solo nei secoli undicesimo e dodicesimo Montecassino diede alla Chiesa di Roma ben tre papi, ventotto cardinali, quaranta fra vescovi ed arcivescovi.

La Terra di S. Benedetto aveva una superficie di 80.000 ettari e comprendeva quelli che sono i territori degli attuali comuni di Acquafondata, Ausonia, Belmonte Castello, Suio, Castelnuovo Parano, Coreno Ausonio, Cassino, Cervaro, Piedimonte S. Germano, Pignataro Interamna, Pontecorvo, Roccadevandro, S. Giorgio a Liri, S. Andrea Vallefredda, S. Apollinare, S. Biagio Saracinisco, S. Ambrogio sul Garigliano, S. Elia Fiumerapido, S. Vittore del Lazio, S. Pietro Infine, Vallemaio, Vallerotonda, Villa S. Lucia, Viticuso, parte dei territori di Terelle, Esperia (S. Pietro in Curulis, Monticelli) di Sessa, di Minturno, lungo il corso del Garigliano, fino al mare, L’abate di Montecassino era ormai il più grande feudatario del centro sud. Tuttavia l’Abbazia non creò mai feudatari alle proprie dipendenze, per ragioni di opportunità, ma anche perché, grazie ad una forma di governo illuminata, ciò che in altre parti veniva conquistato con la forza qui si ebbe per la lungimiranza culturale degli abati.
All’abate, come “signore” feudale, competevano anche le giurisdizioni temporali, come l’amministrazione della giustizia, civile, fino al 1807, e criminale fino alla revoca operata da Carlo d’Angiò e ripresa solo nel 1669. A tale scopo egli nominava ogni anno un governatore che emetteva sentenze per conto dell’abate.
L’opera di gestione equilibrata del territorio si svolse soprattutto con strumenti giuridici, codificati tramite notai, grazie ai quali il popolo aveva consapevolezza piena dei propri diritti e dei propri doveri.
Tali strumenti furono norme giuridiche che garantivano i diritti essenziali della persona, i rapporti di carattere amministrativo, pubblico e privato.
Questa attività normativa fu molto intensa presso gli abati di Montecassino, soprattutto nel XIII secolo, assumendo forme di privilegi o “chartae libertatis”, statuti, decreti, inquisizioni, sentenze.

L’Abbazia di Montecassino è la signoria ecclesiastica del Medio Evo che ne concesse il maggior numero. Sembra che ogni castello o universitas avesse il suo privilegio più o meno ampio.
Tali privilegi furono rilasciati dall’abbazia per vincolare a sé popolazioni di recente passate sotto il suo dominio o per rendere buone quelle più turbolente e ribelli in momenti storici particolari. Essi prevedevano la moderazione o l’esenzione dal pagamento di tributi vari e dalla presta zione di servizi. Alcuni diritti essenziali della persona, come l’affrancamento e l’emancipazione della donna nei confronti della componente maschile della famiglia anticiparono in questa terra la soppressione di alcuni elementi di diritto longobardo ancora vigenti.

Le carte di libertà, dovute per la prima volta all’Abate Desiderio e l’apertura sociale favorita dagli abati successivi, fecero sì che il periodo feudale trovasse uno sbocco nell’organizzazione civile che anticipa così gli statuti comunali degli altri territori.

Con il termine statutum o statuta le carte cassinesi indicano, non solo il complesso di norme che gli abati emanavano per regolare alcuni aspetti della vita municipale e della diocesi, ma anche alcune disposizioni particolari chiamate anche “constitutiones”, “decreta”. Gli statuti cassinesi, in particolare, si presentano come regolamenti di polizia municipale, urbana, rurale, annonaria e di mercato.