Gli organi pubblici della Terra di San Benedetto erano:

Il Rector o Rettore:

massima autorità delle universitates, rappresentante dell’abate; aveva il governo del territorio del castello; era di solito un monaco, ma anche un laico fedele, nominato dall’abate. Da lui dipendevano i baiuli, il castaldo, igiudici, ecc. Rappresentava l’abate nella città o castello.

I Baiuli abbaziali o gabellotti:

aiutanti del retto re con funzioni giudiziarie minori e amministrative esecutive (vigilanza del mercato);  sono i funzio nari più alti dopo il rettore, che sostituiscono in caso di assenza o impedimento.

il Castaldo:

amministratore per conto dell’abate.

I Giudici o Judices:

magistrati locali presenti a tutti i contratti insieme ai “buoni uomini”. Quando si costituirono le Curie minori assunsero anche le funzioni giurisdizionali per le cause minori.

I Governatori:

incaricati di seguire e decidere nelle cause riguardanti il monastero o le sue pertinenze, nonché di tutelare i diritti, le giurisdizioni e i beni mobili ed immobili del monastero.

La Curia maior, o Curia Maggiore, de Sancto Germano, l’attuale Cassino, era la sede del Rettore.

Le Curiae minores, o prepositure, erano in tutti gli altri paesi dipendenti dalla Terra di San Benedetto. Queste ultime avevano gestione propria con autonomia economica, ma sempre dipendenti e soggette all’Abate di Montecassino che ne eleggeva il preposito e ne autorizzava gli atti più
importanti.

Accanto alle cariche pubbliche già ricordate vanno segnalati i signorotti del tempo che avevano l’onore di prestare il servizio delle armi, i milites, i notai, i medici, gli avvocati, gli orefici, i commercianti, che formavano i “burgenses”, piccola borghesia devota al monastero; gli artigiani, i manovali, i contadini costituivano il populus, la classe sociale più numerosa e più necessaria perché
su di essa si reggeva l’economia; infine il clero, che aveva giurisdizione spirituale e temporale.
I dignitari laici erano tenuti al giuramento di stretta fedeltà.
Il popolo veniva convocato a mezzo dell’araldo per deliberare su questioni relative alla vita della comunità e per sentirsi comunicare le decisioni dell’Abate.
A Sant’Elia si radunavano presso la porta di San Biagio, a Vallerotonda nel luogo detto “orta”, a Cervaro nel luogo detto “ad formas”, a Sant’Apollinare davanti alla porta del Castello.
Come segno del riconoscimento di questa dipendenza, ogni anno, detti “signori” pagavano un censo all’Abbazia: qui convenivano per orzo, miglio, fave, canapa, lino, uova, galline, olio, ciambelle… e per rendere conto della loro gestione.

Alle vedove era concesso di offrire solo la metà del censo dovuto, esenzione non sempre riconosciuta in altri feudi.

Cardito, Saracinisco, Vallerotonda, Acquafondata, Viticuso avevano i buoi: per questo dovevano prestare due giornate di lavoro, una per arare, una per seminare.
I mugnai garantivano una pagnotta di pane per i poveri ed i pellegrini che bussavano alle porte del Monastero.

I mestieri

I mestieri più diffusi erano:

  • i calsurarii, calzolai
  • gli aurifices, orefici
  • i ferrarii, fabbri
  • i pelliparii, conciatori di pelli
  • i cambiatores, cambiavalute (le moderne banche)
  • i sutores, sarti
  • i lavoranti la galla (estratto dalle querce per ottenere inchiostro che serviva agli amanuensi)
  • gli amanuensi, addetti alla scrittura di documenti
  • i sellarii, produttori di selle e finimenti per cavalcature
  • i fusari, fonditori
  • gli spetiales, farmacisti
  • i mercatores, mercanti
  • i rigattieri, rivenditori di merce varia
  • i tabernarii, osti

C’erano inoltre molti frantoi e mulini azionati quasi tutti ad acqua o a trazione animale.